martedì 11 gennaio 2011

La storia di Su Pallosu
ANNI '40 :
LA PESCA, CHE BOMBA !
il bar di Tziu Beppi Pisanu
e Tzia Giuseppina Casu


di Gilberto Linzas

Si può dire che Tziu Peppi Pisanu (all’anagrafe Pisanu Giuseppe Antonio), pescatore originario dell’Iglesiente (nella straordinaria foto qui in alto giovane senza gli spessi occhiali che molti di noi ricordano), abbia trascorso gran parte della sua vita a Su Pallosu.
Nato a Gonnesa nel 1906 giunge a Su Pallosu con un suo compaesano di Nebida (tale Pietro Atzei, anch’egli pescatore) intorno alla metà degli anni ’30, attratto certamente dalle opportunità offerte dalla pescosità del mare nonché dal fascino e dalla bellezza incantata di questo lembo di terra posto all’estremità nord del Sinis.


All’epoca l’attività della pesca era senza dubbio particolarmente importante e sviluppata a Su Pallosu. Infatti, oltre alla tonnara con le sue piccole abitazioni e strutture a terra, le caratteristiche imbarcazioni e gli impianti di cattura a mare (la tonnara ha operato fino al 1940), erano presenti numerosi pescatori con le loro imbarcazioni dediti all’attività di pesca, provenienti da diverse località dell’isola.
Tziu Peppi, pescatore particolarmente esperto e abile, almeno fino ai primi anni del dopoguerra, cosi come molti altri pescatori locali, non disdegnava la pratica di metodi di pesca poco ortodossi qual’era quello praticato con l’utilizzo delle bombe. Una volta individuate delle zone particolarmente ricche di pesce, il sistema consisteva nel lanciare in mare gli ordigni che, deflagrando, facevano emergere in superficie, nell’acqua ancora ribollente, una quantità incredibile di pesci morti o storditi.
Le grandi quantità di esplosivo utilizzato dai pescatori provenivano in buona parte dalle miniere del Sulcis e dell’Iglesiente, anche se, dai primi anni ‘40, il materiale esplosivo era ricavato anche dalle mine disposte lungo le spiagge della costa occidentale della Sardegna dai soldati tedeschi, per evitare il temuto sbarco degli alleati Inglesi e Americani (poi verificatosi sulle coste della Sicilia meridionale).
La ricerca delle mine sepolte nelle spiagge e nelle zone dunali retrostanti, in quel periodo, era un’attività cui si dedicavano in molti lungo le coste dell’Oristanese (si diceva “andaus a criccai e spollettai minas”) nonché causa di drammatici “incidenti”. Di Riola si ricordano ancora Giuseppe Loddo e Luigi Orrù - quest’ultimo grande amico di Tziu Peppi Pisanu e mio nonno materno - morti a Sa Mesa Longa, poco più che trentenni, mentre tentavano di disinnescare una mina: il primo letteralmente saltato in aria e il secondo, che si trovava un po’ più distante, colpito mortalmente da una scheggia in fronte.

Tziu Pisanu, dopo pochi anni d’intensa attività, era già divenuto proprietario-armatore di un’imbarcazione di medie dimensioni, e aveva alle sue dipendenze alcuni marinai. Negli stessi anni, si innamora di una bella ragazza dagli occhi azzurri come il mare – Giuseppina Casu, nativa di Solarussa (1911) (nella foto) e già madre di una bambina - che sposa e porta a vivere con sé a Su Pallosu.


Nel 1943, perciò, acquista dal Comune di San Vero Milis un lotto di terreno di 200 metri quadrati, al centro del quale costruisce la sua abitazione costituita da un piccolo soggiorno con caminetto e due stanzette laterali. Il terreno circostante, che recinta con siepi di fichidindia e su cui pianta alcuni alberi di fico, verrà utilizzato per la produzione di ortaggi e leguminose necessari al consumo famigliare.
Su Pallosu negli anni successivi - specialmente dagli anni ’50 - con il miglioramento generale delle condizioni di vita, diviene sempre più meta di frequentazione a fini turistici da parte di numerose famiglie provenienti da vari centri abitati della provincia che, durante l’estate, giungono al mare con diversi mezzi, ma soprattutto ancora “a carretta e cuaddu” (il carro trainato dal cavallo). Con la loro presenza comincia a svilupparsi il villaggio di “barraccas” e si vedono i primi turisti continentali e stranieri.
Tziu Peppi, pertanto, nel 1954 acquista altri 1800 metri quadrati di terreno sempre dal Comune, dove fa realizzare un nuovo fabbricato fronte-strada nel quale apre un bar. Qui, come risulta da alcune testimonianze, sembra che fosse svolta, occasionalmente, anche una piccola attività di ristorazione, con Tzia Giuseppina che cucinava e serviva agli avventori il pesce freschissimo pescato dal marito.
Tziu Pisanu, ormai decano dei pescatori di Su Pallosu, continuerà a svolgere l’attività di pesca e a gestire il bar, con l’aiuto importantissimo della moglie, fino alla seconda metà degli anni ’60-primi anni ‘70 quando, acciaccato dai lunghi periodi trascorsi in mare, deciderà di ritirarsi in pensione e di vendere l’imbarcazione; anche il locale, che oramai subisce la concorrenza del più moderno bar del nuovo Hotel (che a sua volta ha sostituito la vecchia trattoria di Tziu Maureddu), chiuderà dopo breve tempo.
Durante gli anni della pensione Tziu Peppi, nonostante i disagi che la vita al mare comportava per l’anziano pescatore e sua moglie, specie nei lunghi inverni freddi (l’acqua potabile, tra l’altro, è arrivata a Su Pallosu, soltanto sul finire degli anni ’80), non ha mai voluto trasferirsi in paese, legato visceralmente a quel piccolo borgo sospeso nel tempo, tra cielo e mare.
Tutte le mattine, se il tempo era bello, faceva una lunga passeggiata camminando a piccoli passi, invariabilmente sullo stesso percorso; saliva a Punta Tonnara, dava uno sguardo al mare e all’isolotto, poi proseguiva sul tracciato panoramico che attraversa il piccolo promontorio di “mesu turris” fino ad affacciarsi sulla lunga distesa sabbiosa di Sa Mesa Longa, per poi prendere la discesa di alcune centinaia di metri che lo riportava a casa.

Portava su di se i segni inequivocabili del “vecchio lupo di mare”; aveva la pelle scura e rugosa dovuta alla salsedine e al sole preso in tanti anni di attività in mare; negli avambracci, era ancora visibile l’inchiostro azzurrino dei vecchi tatuaggi giovanili. Tutte le sere, scrutando il mare e il cielo e annusando l’umidità nell’aria, riusciva a prevedere con matematica certezza il tempo del giorno successivo.
Negli ultimi anni di vita i problemi alla vista lo costringono a degli interventi per rimuovere le cataratte. Muore nel 1988, lasciando di se il ricordo di un uomo veramente saggio e buono, che aveva scelto di trascorrere la sua esistenza a Su Pallosu, perché soltanto qui trovava le sue ragioni di vita.

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